Il mio motto

Quando ho letto per la prima volta questa frase dello scrittore canadese Robin Sharma, ho pensato immediatamente che rappresentasse il nucleo del mio lavoro, la sintesi perfetta del disagio che i pazienti mi esprimono ogni giorno.

La paura è un’emozione complessa: se da un lato serve ad attivare una serie di risposte fisiologiche in grado di garantire la nostra sopravvivenza, dall’altro si basa su interpretazioni e previsioni dei fatti che, se disfunzionali ed errati, sin dalla loro origine possono farci sentire in prigione. Una persona che soffre di attacchi di panico eviterà di restare sola perché il suo maggior timore è quello di poter avere un attacco di panico e non riuscire a sopravvivere o perdere il controllo ed impazzire. Tuttavia la sua vita sarà completamente condizionata da questo timore e, col passare del tempo, le limitazioni aumenterannoe l’autonomia diminuirà, generando sofferenza e senso di scarsa efficacia personale. Chi soffre di un disturbo dell’umore convive con una tristezza profonda e dolorosa che lo trascina in un vortice di demotivazione e assenza di speranza. La credenza di base è che gli altri non possano capire, che non ci sia possibilità di un futuro migliore e ci si arrende al malessere. Lo stesso vale per chi teme il giudizio altrui: partendo dal presupposto che sicuramente gli altri esprimeranno un giudizio negativo nei suoi confronti e temendolo fortemente, tenderà a rifuggire dalle occasioni di confronto e, pur avendo ottime abilità, non si impegnerà mai in una sana competizione o perderà numerose occasioni in cui esprimere il proprio potenziale, rassegnandosi e sentendosi perdente in partenza. Gli esempi che potrei addurvi sono moltissimi e tutti conducono ad un unico insegnamento: affrontare le sfide, le paure o semplicemente qualcosa che ci passa per la testa verificando se è vero o meno, è l’unico modo per essere davvero consapevoli di se stessi.